Ripensare la sicurezza

Lavorare fuori significa muoversi in uno spazio non codificabile, che pone l’individuo di fronte a situazioni che non possono essere previste nel dettaglio da nessuna procedura o manuale operativo.

E’ assodato che lo sviluppo di abilità tecniche, associato all’impiego di attrezzature omologate e procedure idonee, consente di ridurre il rischio nel lavoro entro contesti artificiali.

Lo stesso approccio applicato al lavoro svolto in ambiente naturale, intriso di pericoli non sempre noti e con rischi difficilmente valutabili, risulta invece incompleto o inadeguato.

Per questo motivo il percorso formativo, condotto prevalentemente in ambiente, è basato sull’acquisizione di consapevolezza, degli spazi naturali attraversati e dei propri limiti, supportata da azioni di tipo tecnico operativo.

Il percorso intende destrutturare l’assunto secondo il quale il possesso di un bagaglio di conoscenze-abilità-competenze tecniche rappresenti la miglior risposta possibile al governo della complessità secondo una logica deterministica.

La consapevolezza che l’imprevedibilità è una condizione ineliminabile dei sistemi complessi, così come avviene nei contesti naturali, suggerisce che non basta imparare a fare la cosa giusta in ogni circostanza. Può sempre presentarsi una situazione che, per qualche fattore, anche piccolo, porterà a favorire il verificarsi di una circostanza imprevista.

Per questo risulta fondamentale integrare i “saperi” tecnici a favore di quelli cosiddetti “non tecnici” o “trasversali”, a partire dall’attivazione dei processi di percezione dei pericoli e predisposizione ai rischi conseguenti, per supportare i processi decisionali e agevolare l’utilizzo dei dispositivi di protezione più idonei. Una formazione che si traduce in esperienze reali, concrete e sensibili condotte sul campo, anche attraverso la sperimentazione attiva di tecniche operative, alternate  con naturalezza a momenti di condivisione, riflessione e decodifica.